Tuesday, November 07, 2006

:Il bambino del buio:

Dan aveva paura.
La notte era come una grande macchia d'inchiostro che si espandeva, iniettando nelle vene il terrore, l'angoscia.
Gli alberi nel giardino urlavano, avevano facce scavate nei tronchi, i rami come lunghe mani.
L'erba si agitava nel vento, un vento che aveva il sapore del ferro, sbatteva forte sulle finestre.
La cameretta di Dan sprofondava ormai nell'oscurità, solo una fioca luce lunare entrava a illuminare come una falce un piccolo angolo.
L' angolo dove c'era una porta. Una porta sempre chiusa. Una porta sempre normale, di giorno.
Ora era diversa. Risplendeva di nero, era di forma irregolare, con il buio non si distinguevano gli angoli, respirava.
Ne potevi sentire la presenza anche da sotto le coperte. Dan lo spaveva bene. Stava sotto il lenzuolo a righe, ogni tanto alzava la testa per vedere la porta.
Ma lei stava lì.
Fuori iniziava a piovere, una pioggia leggera e fastidiosa, faceva rumore sul tetto.
I suoni si moltiplicavano, ora anche un neonato piangeva in lontananza. Gridava, urlava, il suono con il vento si deformava, diventava una cantilena di morte.
La luna era stanca della propria luce, iniziava a nascondersi dietro nuvole porpora, lasciando il mondo da solo coi suoi incubi.
Dan fissava quella porta, sembrava aprirsi piano. La maniglia dall'interno faceva uno strano cigolio.
Si sentiva un rumore simile ad un rantolo, forse era solo suggestione ma sta di fatto che in quel momento tutto era reale, era infinito.
La notte era lunghissima e Dan non poteva aspettare la luce dell'alba.
Come desiderava la luce, magari una giornata di sole. Senza incubi striscianti, senza nulla, solo luce.
Avrebbe corso con la sua bicicletta fino al paese, con l'aria in faccia e il fango sulle scarpe.
Invece tutto spariva davanti al buio, esisteva solo lui, la stanza e la porta.
Dan si mise sotto le coperte, pensò di rimanere così fino al mattino.
Magari si sarebbe addormentato. Ma non riuscì a starci troppo, con la mano abbassò appena appena la coperta all'altezza di mezzo occhio.
La porta era socchiusa.
Silenzio.
La pioggia aveva smesso di suonare. Il neonato smesso di gridare. Tutto fermo, come il cuore di Dan.
Nel buio oltre la porta si percepiva qualcosa di storto, malvagio, qualcosa di bianchiccio.
Era una forma bassa, color latte. Forse un bambino, non aveva gli occhi normali.
Stava fermo là, immobile.
Sembrava da un momento all'altro capace di avanzare, di uscire dal buio, sulla falce chiara della luna.
Ma rimase immobile. Fece un verso, quasi una risata. Orribile.
Dan si coprì di nuovo con il lenzuolo.
Contò fino a dieci.
Uno..due..tre..quattro..cinque..sei..
Qualcosa sembrava respirargli addosso, appena sopra il lenzuolo.
Alzò di scatto le coperte in preda al panico.
Il corpo bianchiccio del bambino del buio era lì. Sorrideva coi denti neri.
La pioggia riprese a battere forte.

2 comments:

Unknown said...

Bellissimo racconto, caro il mio davidone. Giuro che ispirato farò un'illustrazione di queste parole. Si possono tirar fuori delle belle cose.

Davide Rossetti Artworks said...

dai!! sarebbe veramente bello...metterei l'illustrazione subito.. sei il mio ''postatore'' di fiducia!!!
thanks!!!

:david0: